Visita domiciliare urgente: il medico di base è obbligato?
La Corte di Cassazione, sezione penale con la sentenza n. 24722 del 2024 ha stabilito un importante principio di diritto in relazione alla figura del medico di base.
Il caso riguardava un medico di base rinviato a giudizio in relazione al reato di rifiuto di atti d’ufficio per non aver effettuato una visita domiciliare a scopo diagnostico e terapeutico ad un proprio assistito che lamentava forti dolori in seguito ad una caduta accidentale ed era perciò in condizioni tali da non potersi recare autonomamente presso l’ambulatorio. Il paziente era affetto da Parkinson allo stadio avanzato, nonché da problemi cardiaci e - come si scoprirà all’esito del trasporto dello stesso in ospedale - da una frattura vertebrale causata da una caduta accidentale.
Il medico veniva condannato in primo sull'assunto che la disposizione dall'art. 47, comma 1, dell'Accordo Collettivo Nazionale vigente all'epoca dei fatti, secondo cui: "l'attività medica viene prestata nello studio del medico o a domicilio, avuto riguardo alla non trasferibilità dell'ammalato", da cui sarebbe derivato un obbligo di agire, tale da giustificare l'integrazione del reato omissivo.
La Corte d'appello aveva invece sostenuto che la questione giuridica rilevante ai fini della decisione del caso concreto non fosse rappresentata dall’adempimento o meno del dovere giuridico del medico di base di procedere a visita a domicilio del paziente non trasportabile, quanto quella dell'esistenza o meno di un dovere di procedere “senza ritardo” ad un tale incombente, stante la situazione di emergenza che si era venuta a configurare nello specifico, sottolineando che un simile dovere di agire d’urgenza non era previsto rispetto al medico di medicina generale e da ciò era discesa la decisione della Corte di Appello di assolvere l’imputato dal reato ascrittogli.
In particolare la Corte di merito aveva espressamente evidenziato che: "il medico di base, contrariamente al medico di guardia, non è istituzionalmente preposto a soddisfare le urgenze, le quali rimangono affidate al servizio sanitario di urgenza ed emergenza medica già denominato 118", aggiungendo che: "da ciò deriva che per fondare uno specifico obbligo giuridico di prestazioni sanitarie urgenti, anche nelle more del servizio di emergenza, da parte di un pubblico ufficiale sanitario a ciò non preposto, sarebbe stata necessaria una peculiare situazione di prossimità spaziale e di necessità non indifferibile…, ben distante dall'ordinarietà degli accadimenti".
La Corte di legittimità, non ha rilevato alcuna lacuna motivazionale, sottolineando invece come la sentenza impugnata distingue in modo netto ed estremamente dettagliato il profilo della trasferibilità del paziente (disciplinato dal citato Accordo Nazionale) da quello dell'urgenza della prestazione richiesta: urgenza in presenza della quale - come nel caso di specie - , trasferibile o meno che fosse il paziente, la Corte d’Appello ha ritenuto scattasse la competenza di altra articolazione sanitaria, ovvero dei medici del c.d. 118.
La Suprema Corte evidenzia ulteriormente che tale ricostruzione non risulta essere né illogica né destituita di fondamento dal punto di vista giuridico, fondandosi su una corretta ripartizione di ruoli che, secondo i principi fondamentali del diritto penale, deve orientare l'interprete nell'individuazione dell'obbligo giuridico che, sempre, nei reati omissivi - anche quelli c.d. propri - costituisce il fondamento della tipicità penale.
Distinzione di ruoli che logicamente, da un lato, trova la sua ratio nell'esigenza di assicurare il miglior assolvimento delle funzioni all’interno di un'organizzazione complessa qual è il sistema sanitario, consentendo a ciascun operatore del settore di concentrarsi sui propri compiti specifici e, dall’altro, risponde all'esigenza di evitare sovrapposizioni non soltanto inutili, ma anche potenzialmente dannose, giacché il medico di base non è certo attrezzato a far fronte a situazioni di emergenza e, laddove si facesse affidamento su di lui in simili contesti, sarebbe evidente il rischio di ritardi e confusioni potenzialmente dannosi.
Da ultimo, la Corte di Cassazione evidenzia che la ricostruzione operata nella sentenza impugnata risulta conforme alla consolidata giurisprudenza di legittimità.
Infatti, è
pur vero che secondo la giurisprudenza della Suprema Corte il delitto
di rifiuto di atti d'ufficio è integrato dalla condotta del sanitario in
servizio di guardia medica che non aderisca alla richiesta di
intervento domiciliare urgente, ma tale consolidata giurisprudenza si
riferisce appunto alla differente figura professionale del c.d. medico
di guardia (vedi
Cass. pen., Sez. VI, n. 23817 del 30/10/2012 e
Per tutte queste ragioni la Corte di Cassazione, rigettando il ricorso ha sostenuto che "il medico di base, non svolgendo una funzione di assistenza
sanitaria di emergenza o comunque con carattere di urgenza, non ha un
dovere giuridico di effettuare visita domiciliare ai propri pazienti e,
pertanto, nel caso non acconsenta a recarsi al domicilio di un proprio
assistito in situazione di urgenza non incorre nel reato di rifiuto di
atti di ufficio."
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