IVA e Terzo Settore. Facciamo il punto.
Il trattamento fiscale degli Enti del Terzo Settore (ETS) rappresenta un tema di primaria rilevanza, soprattutto in considerazione delle modifiche normative che interessano il regime IVA applicabile alle loro attività. Negli ultimi anni, l’introduzione del Codice del Terzo Settore (CTS) ha ridisegnato i confini delle agevolazioni fiscali, con implicazioni importanti anche sul regime IVA.
Regime attuale e cambiamenti previsti dal 2025
Attualmente, molte delle attività svolte dagli ETS nei confronti dei propri associati sono escluse dall’ambito di applicazione dell’IVA, in base all’art. 4, comma 4, del DPR n. 633/1972. Questa esclusione, volta a favorire la sostenibilità economica degli enti, esonera gli ETS da obblighi dichiarativi e contabili legati all’imposta.
Tuttavia, le disposizioni introdotte dal CTS prevedono, a partire dal 1° gennaio 2025, il passaggio da un regime di esclusione a uno di esenzione IVA per queste attività. La differenza non è meramente terminologica:
L’esenzione IVA, pur garantendo agli ETS di non dover applicare l’imposta sulle operazioni specifiche, comporta comunque l’obbligo di aprire una partita IVA, di emettere fatture e di adempiere agli obblighi dichiarativi e contabili previsti dalla normativa fiscale.
Questa modifica, pur rispettando le direttive europee, rischia di introdurre oneri amministrativi significativi per gli ETS, specie per quelli di piccole dimensioni, che potrebbero trovarsi in difficoltà nel gestire la complessità burocratica del nuovo regime.
La proposta di proroga al 2026
Per mitigare l’impatto di tale cambiamento, il Governo italiano, attraverso il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, ha annunciato l’intenzione di prorogare di un anno l’entrata in vigore del nuovo regime. Se confermato nella Legge di Bilancio 2025, gli ETS continueranno ad operare sotto il regime di esclusione IVA per tutto il 2025, evitando l’immediato adeguamento alle nuove regole.
Questa proroga risponderebbe alla necessità di ulteriori confronti con l’Unione Europea, per definire criteri che consentano di preservare le peculiarità del Terzo Settore italiano, conciliandole con le normative comunitarie. Il dialogo potrebbe anche portare all’introduzione di ulteriori misure di semplificazione per garantire che gli enti non subiscano aggravi operativi eccessivi.
Implicazioni operative e legali
Se il nuovo regime di esenzione entrerà in vigore dal 2026, gli ETS dovranno affrontare una serie di adeguamenti, tra cui:
1. Apertura della partita IVA: un obbligo che comporta l'adozione di un sistema di fatturazione elettronica e la registrazione di tutte le operazioni rilevanti.
2. Gestione contabile e fiscale: la necessità di tenere registri contabili adeguati e di presentare dichiarazioni IVA periodiche.
3. Analisi delle attività esenti e imponibili: sarà necessaria una separazione contabile per distinguere i diversi regimi fiscali applicabili.
Il passaggio da esclusione a esenzione IVA per il Terzo Settore rappresenta un cambiamento cruciale che richiede una valutazione attenta. Pur avendo il merito di uniformare il sistema italiano alle direttive europee, il nuovo regime potrebbe rischiare di appesantire la gestione amministrativa degli ETS, minandone la capacità di concentrare risorse sulle proprie finalità istituzionali.
La proroga al 2026 appare dunque una soluzione equilibrata, che consente al Governo di approfondire il dialogo con le istituzioni europee e di introdurre eventuali correttivi. Per gli ETS, resta fondamentale prepararsi per tempo, valutando l’impatto delle modifiche sul proprio assetto organizzativo e dotandosi di strumenti adeguati per affrontare i futuri obblighi fiscali.
In attesa delle definitive conferme legislative, gli enti sono chiamati a monitorare l’evoluzione normativa e a considerare eventuali percorsi di consulenza fiscale e legale per adeguarsi al meglio alle novità.
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