Nessun obbligo di "repechage" per il dirigente. L'ordinanza della Cassazione.
In caso di licenziamento del dirigente d'azienda per esigenze di ristrutturazione aziendale è esclusa la possibilità del "repêchage" in quanto incompatibile con la posizione dirigenziale del lavoratore, assistita da un regime di libera recedibilità del datore di lavoro.
L'ordinanza n. 2895 del 2023 della Cassazione ha specificato che tale istituto non si applica alla posizione dirigenziale del lavoratore.
Il ripescaggio, è stato ritenuto applicabile in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, che è connesso a “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa” giustificato motivo oggettivo, quali la crisi dell’impresa, la cessazione dell’attività o anche solo il venir meno delle mansioni cui è assegnato il lavoratore, senza che sia possibile il suo ricollocamento in altre mansioni esistenti in azienda e compatibili con il suo livello di inquadramento.
In tali circostanze, infatti, il giudice non può effettuare un controllo di merito sulle scelte dell'imprenditore, che ai sensi dell'articolo 41 Cost. per la libertà di iniziativa economica sono insindacabili, ma un controllo da parte del giudice di legittimità, che ha come oggetto il nesso causale tra la scelta del datore di lavoro e il licenziamento perché il licenziamento deve essere diretta conseguenza di quella scelta, come nel caso della soppressione di una posizione a chiusura di un ufficio, che giustificano il licenziamento di quel lavoratore o di quell'ufficio. Sul giustificato motivo oggettivo oggi la Cassazione ha specificato che è onere anche del datore di lavoro dare prova che quel licenziamento era proprio extrema ratio e quindi fosse inevitabile.
Infatti, il datore di lavoro ha l'onere di provare, con riferimento alla capacità professionale del lavoratore ed alla organizzazione aziendale esistente all'epoca del licenziamento, anche attraverso fatti positivi, tali da determinare presunzioni semplici (come il fatto che dopo il licenziamento e per un congruo periodo non vi siano state nuove assunzioni nella stessa qualifica del lavoratore licenziato), l'impossibilità di adibire utilmente il lavoratore in mansioni diverse da quelle che prima svolgeva, giustificandosi il recesso solo come "extrema ratio".
Tale strumento non viene ritenuto applicabili alle posizioni dirigenziali, ma solo ai livelli di operaio, impiegato e quadro poichè ai dirigenti non si applica la normativa in materia di limitazioni al licenziamento e, inoltre, agli stessi è già assicurata un tutela indennitaria supplemnetare al tfr in caso di licenziamento immotivato e ingiustificato.
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