Danno da perdita di chance per mancata nomina dirigenziale

     

    In caso di illegittimità dell’atto di conferimento di un incarico dirigenziale nell’ambito del pubblico impiego privatizzato, il candidato escluso, al fine di conseguire il risarcimento del danno derivante dalla perdita di “chance” - la quale, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non costituisce una mera aspettativa di fatto, bensì un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile d’autonoma valutazione -, ha l’onere di provare, benché solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, che la condotta illecita ha impedito la concreta realizzazione di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato, il quale non è limitato alla sola procedura concorsuale nella quale si è verificata l’illegittimità, ma può riguardare anche una successiva procedura collegata alla prima

    Con l'ordinanza n. 15478 del 1° giugno 2023. la Suprema Corte ha specificato che, in ordine agli oneri probatori, questa Corte ha chiarito che l'espletamento di una procedura concorsuale illegittima non comporta di per sè il diritto al risarcimento del danno da perdita di "chance", occorrendo che il dipendente provi il nesso di causalità tra l'inadempimento datoriale ed il suddetto danno (Cass. n. 3415 del 2012; Cass. Sezioni Unite: n. 21678/2013; Cass. n. 11165/2018; Cass. n. 11906 del 2017); il suddetto onere probatorio può essere rispettato dal lavoratore anche solo mediante presunzioni (Cass. Sezioni Unite: n. 21678/2013 cit.; Cass. n. 11906 del 2017 cit.; Cass. n. 25727/2018; Cass. n. 11165/2018 cit.).

     Pertanto, la parte che censura un ragionamento presuntivo o il mancato utilizzo di esso non può limitarsi a prospettare l'ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice del merito, ma deve far emergere l'assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio (in termini, Cass. n. 10847/2007 cit.; più di recente v. Cass. n. 1234 del 2019) e, nel vigore del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, così come rigorosamente interpretato da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 (da ultimo v. Cass. n. 28772 del 2022).

    In conclusione, in ordine alla responsabilità dell'ente per i danni conseguenti all'annullamento della nomina a dirigente, l'imputazione della responsabilità da parte del giudice ordinario investito del relativo giudizio deve avvenire in base ad una complessa valutazione, estesa all'accertamento della colpa e della connotazione dell'azione amministrativa denunciata come fonte di danno ingiusto, desumibile sia dai principi costituzionali in punto di imparzialità e buon andamento, sia dalle norme di legge ordinaria in punto di celerità, efficienza, efficacia e trasparenza, sia dai principi generali dell'ordinamento in punto di ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza.  

    È dunque legittima la sentenza che abbia riconosciuto il legittimo affidamento del lavoratore in ordine alla regolarità della procedura di perequazione, avviata dalla Pubblica Amministrazione in violazione delle vigenti norme di legge e statutarie, e alla quale aveva fatto seguito la revoca dell'atto di nomina a dirigente ed abbia, pertanto, considerato l'Amministrazione responsabile della rinuncia obbligata dell'impiegato al concorso al quale era stato ammesso, con lesione del diritto del lavoratore a partecipare a tutte le fasi del concorso, e quindi ritenuto che la P.A. fosse tenuta a risarcire il danno subito dal lavoratore in ragione del grado di probabilità che il medesimo avrebbe avuto di superare il concorso e conseguire la qualifica di dirigente.

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