La buona fede contrattuale rileva anche se il contratto si conclude.
Con l’ordinanza n. 3503 del 6 febbraio 2023, la Suprema Corte ha rilevato che, nel caso di richiesta di risarcimento del danno nell’ambito della responsabilità precontrattuale, l’attore è tenuto a provare esclusivamente l’esistenza di un raggiro su un elemento fondamentale del contratto, senza il quale le condizioni contrattuali sarebbero state a lui più favorevoli.
Con questa impostazione la Cassazione ha stabilito che, qualora il danno sia cagionato nella fase precontrattuale, seguita da un contratto definitivo regolarmente concluso ma a condizioni svantaggiose, il risarcimento è rapportato al minor vantaggio o al maggior aggravio economico provocato dal comportamento sleale di una delle parti.
Ciò a prescindere dal momento in cui sia avvenuta la violazione del dovere di buona fede.
Ed infatti, in tali casi, risulta irrilevante che la violazione sia avvenuta a valle e non a monte della conclusione del contratto, a meno che non vengano dimostrati ulteriori danni che sarebbero collegati a tale comportamento da un rapporto consequenziale e diretto.
Con questo assunto, la Suprema Corte sembra aver superato il precedente orientamento secondo il quale la responsabilità precontrattuale rileva solo in caso di contratto non concluso.
Infatti, la Corte ha chiarito che il disposto dell’art. 1337 c.c. - il quale prevede che le parti, sia nella fase delle trattative, sia nella formazione del contratto, debbano comportarsi secondo buona fede - non rileva soltanto nel caso di mancata conclusione del contratto, ma debba essere considerata una clausola con valore generale.
Pertanto, la suddetta norma assume rilievo anche quando il contratto viene concluso validamente ma si ritiene essere, tuttavia, pregiudizievole per la parte che ha subito il comportamento contrario alla buona fede.
La Corte ha pertanto ritenuto che, in tali casi, essendoci stato un comportamento precontrattuale illegittimo, il risarcimento dovrà essere commisurato al minor vantaggio o al maggior aggravio economico dovuto dal comportamento sleale di una delle parti, anche se il contratto sia efficace ma sconveniente.
In conclusione, appare consolidato l’orientamento secondo cui la responsabilità precontrattuale sia configurabile, in tutti i casi in cui le parti non abbiamo tenuto un comportamento improntato al principio di buona fede.
La violazione del suddetto dovere generale configura difatti un’ipotesi di responsabilità anche nella fase precontrattuale, risultando irrilevante la successione cronologica degli eventi.
Il caso di specie deciso dalla Corte di Cassazione riguardava la domanda formulata dai promissari acquirenti di un immobile, volta ad ottenere il risarcimento dei danni nei confronti dei promittenti venditori, per avere questi dolosamente taciuto una formalità pregiudizievole gravante sull’immobile, che si configurava quale elemento ostativo alla concessione del mutuo bancario.
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