Anche i parenti dell'unito civilmente sono affini per i permessi di cui alla legge n. 104/1992 e congedo straordinario ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del D.lgs. n. 151/2001.
L'INPS, con la circolare n. 36 del 7 marzo 2022, ha fornito nuove istruzioni operative finalizzate al riconoscimento dei benefici di cui all'art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 in favore dei parenti dell’altra parte dell’unione civile.
Infatti, l'articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, prevede il diritto ad usufruire di tre giorni di permesso mensili retribuiti in favore di lavoratori dipendenti che prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad affini riconosciuti in situazione di disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della medesima legge.
Il comma 5 dell’articolo 42 del D.lgs 26 marzo 2001, n. 151, stabilisce la concessione del congedo straordinario in favore di soggetti con disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge n. 104/1992, fissando un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che, partendo dal coniuge, degrada fino ai parenti e agli affini di terzo grado.
Le predette disposizioni sono state nel tempo coordinate con quelle introdotte dalla legge 20 maggio 2016, n. 76, e dalla sentenza della Corte costituzionale n. 213 del 5 luglio 2016, tenendo conto in particolare che:
- la legge n. 76/2016 ha disciplinato le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto prevedendo al comma 20 dell’articolo 1, tra l’altro, che “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso”;
- la Corte costituzionale con la sentenza n. 213 del 5 luglio 2016, inoltre, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire dei permessi ai sensi del medesimo articolo 33, comma 3.
Pertanto, già la circolare INPS n. 38 del 27 febbraio 2017 ha fornito le istruzioni operative per la concessione dei permessi di cui alla legge n. 104/1992 e del congedo straordinario ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001 in favore del lavoratore dipendente del settore privato, parte di un’unione civile o convivente di fatto, che presti assistenza all’altra parte o convivente, precisando quanto segue:
- la parte di un’unione civile, che presti assistenza all’altra parte, può usufruire di: permessi di cui alla legge n. 104/1992; congedo straordinario ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del D.lgs. n. 151/2001;
- il convivente di fatto di cui ai commi 36 e 37 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016, che presti assistenza all’altro convivente, può usufruire unicamente di: permessi di cui alla legge n. 104/1992.
Dal momento che l’articolo 78 del codice civile, che individua il rapporto di affinità tra il coniuge e i parenti dell’altro, non viene espressamente richiamato dalla legge n. 76/2016, nella circolare n. 38/2017 era stato seguito l’orientamento, a suo tempo condiviso con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, per cui tra una parte dell’unione civile e i parenti dell’altro non si costituisce un rapporto di affinità.
Pertanto, a differenza di quanto avviene per i coniugi, era stato previsto che la parte di un’unione civile potesse usufruire dei permessi di cui alla legge n. 104/1992 unicamente nel caso in cui prestasse assistenza all’altra parte dell’unione e non nel caso in cui l’assistenza fosse rivolta ad un parente dell’unito, non essendo riconoscibile in questo caso rapporto di affinità.
Successivamente, su espresso parere del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali viene sottolineata la necessità di modificare tale posizione, potendosi configurare altrimenti una discriminazione per orientamento sessuale.
Al fine di evitare comportamenti discriminatori nei riguardi di due situazioni giuridiche comunque comparabili (uniti civilmente e coniugi), seppure l’articolo 78 del codice civile non venga espressamente richiamato dalla legge n. 76/2016, ai fini del riconoscimento dei benefici in parola, va riconosciuto sussistente il rapporto di affinità anche tra l’unito civilmente e i parenti dell’altra parte dell’unione.
Ne deriva che, per i lavoratori del settore privato, il diritto ai permessi di cui all’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 va riconosciuto all’unito civilmente, oltre che nel caso in cui in cui questi presti assistenza all’altra parte dell’unione, anche nel caso in cui rivolga l’assistenza ad un parente dell’unito.
Allo stesso modo i parenti dell’unito civilmente avranno diritto ad assistere l’altra parte dell’unione.
Resta fermo il rispetto del grado di affinità normativamente previsto.
Si evidenzia, invece, che il rapporto di affinità non è riconoscibile tra il “convivente di fatto” e i parenti dell’altro partner, non essendo la “convivenza di fatto” un istituto giuridico, ma una situazione di fatto tra due persone che decidono di formalizzare il loro legame affettivo stabile di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale.
Pertanto, a differenza di quanto avviene per i coniugi e gli uniti civilmente, il “convivente di fatto” può usufruire dei permessi di cui alla legge n. 104/1992 unicamente nel caso in cui presti assistenza al convivente e non nel caso in cui intenda rivolgere l’assistenza a un parente del convivente.
Per la qualificazione di “convivente” deve farsi riferimento alla “convivenza di fatto” come individuata dal comma 36 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016 in base al quale “si intendono per «conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile” e accertata ai sensi del successivo comma 37.
Quest’ultimo comma prevede che, ferma restando la sussistenza dei presupposti di cui al precedente comma 36, per l’accertamento della stabile convivenza deve farsi riferimento alla dichiarazione anagrafica di cui all’articolo 4 e alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 13 del regolamento di cui al D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223.
Per quanto riguarda la qualificazione di “parte dell’unione civile”, ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016, dovrà farsi riferimento agli atti di unione civile registrati nell’archivio dello stato civile.
Trattandosi in entrambi i casi di dati detenuti da altra pubblica Amministrazione, ai fini della concessione del diritto sarà sufficiente la dichiarazione del richiedente, nella domanda, di essere coniuge/parte di unione civile/convivente di fatto ai sensi del comma 36 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016. Sarà cura dell’operatore di Sede provvedere, secondo le consuete modalità, all’espletamento dei controlli delle dichiarazioni sostitutive di certificazioni.
Infatti, l'articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, prevede il diritto ad usufruire di tre giorni di permesso mensili retribuiti in favore di lavoratori dipendenti che prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad affini riconosciuti in situazione di disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della medesima legge.
Il comma 5 dell’articolo 42 del D.lgs 26 marzo 2001, n. 151, stabilisce la concessione del congedo straordinario in favore di soggetti con disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge n. 104/1992, fissando un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che, partendo dal coniuge, degrada fino ai parenti e agli affini di terzo grado.
Le predette disposizioni sono state nel tempo coordinate con quelle introdotte dalla legge 20 maggio 2016, n. 76, e dalla sentenza della Corte costituzionale n. 213 del 5 luglio 2016, tenendo conto in particolare che:
- la legge n. 76/2016 ha disciplinato le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto prevedendo al comma 20 dell’articolo 1, tra l’altro, che “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso”;
- la Corte costituzionale con la sentenza n. 213 del 5 luglio 2016, inoltre, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire dei permessi ai sensi del medesimo articolo 33, comma 3.
Pertanto, già la circolare INPS n. 38 del 27 febbraio 2017 ha fornito le istruzioni operative per la concessione dei permessi di cui alla legge n. 104/1992 e del congedo straordinario ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001 in favore del lavoratore dipendente del settore privato, parte di un’unione civile o convivente di fatto, che presti assistenza all’altra parte o convivente, precisando quanto segue:
- la parte di un’unione civile, che presti assistenza all’altra parte, può usufruire di: permessi di cui alla legge n. 104/1992; congedo straordinario ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del D.lgs. n. 151/2001;
- il convivente di fatto di cui ai commi 36 e 37 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016, che presti assistenza all’altro convivente, può usufruire unicamente di: permessi di cui alla legge n. 104/1992.
Dal momento che l’articolo 78 del codice civile, che individua il rapporto di affinità tra il coniuge e i parenti dell’altro, non viene espressamente richiamato dalla legge n. 76/2016, nella circolare n. 38/2017 era stato seguito l’orientamento, a suo tempo condiviso con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, per cui tra una parte dell’unione civile e i parenti dell’altro non si costituisce un rapporto di affinità.
Pertanto, a differenza di quanto avviene per i coniugi, era stato previsto che la parte di un’unione civile potesse usufruire dei permessi di cui alla legge n. 104/1992 unicamente nel caso in cui prestasse assistenza all’altra parte dell’unione e non nel caso in cui l’assistenza fosse rivolta ad un parente dell’unito, non essendo riconoscibile in questo caso rapporto di affinità.
Successivamente, su espresso parere del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali viene sottolineata la necessità di modificare tale posizione, potendosi configurare altrimenti una discriminazione per orientamento sessuale.
Al fine di evitare comportamenti discriminatori nei riguardi di due situazioni giuridiche comunque comparabili (uniti civilmente e coniugi), seppure l’articolo 78 del codice civile non venga espressamente richiamato dalla legge n. 76/2016, ai fini del riconoscimento dei benefici in parola, va riconosciuto sussistente il rapporto di affinità anche tra l’unito civilmente e i parenti dell’altra parte dell’unione.
Ne deriva che, per i lavoratori del settore privato, il diritto ai permessi di cui all’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 va riconosciuto all’unito civilmente, oltre che nel caso in cui in cui questi presti assistenza all’altra parte dell’unione, anche nel caso in cui rivolga l’assistenza ad un parente dell’unito.
Allo stesso modo i parenti dell’unito civilmente avranno diritto ad assistere l’altra parte dell’unione.
Resta fermo il rispetto del grado di affinità normativamente previsto.
Si evidenzia, invece, che il rapporto di affinità non è riconoscibile tra il “convivente di fatto” e i parenti dell’altro partner, non essendo la “convivenza di fatto” un istituto giuridico, ma una situazione di fatto tra due persone che decidono di formalizzare il loro legame affettivo stabile di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale.
Pertanto, a differenza di quanto avviene per i coniugi e gli uniti civilmente, il “convivente di fatto” può usufruire dei permessi di cui alla legge n. 104/1992 unicamente nel caso in cui presti assistenza al convivente e non nel caso in cui intenda rivolgere l’assistenza a un parente del convivente.
Per la qualificazione di “convivente” deve farsi riferimento alla “convivenza di fatto” come individuata dal comma 36 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016 in base al quale “si intendono per «conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile” e accertata ai sensi del successivo comma 37.
Quest’ultimo comma prevede che, ferma restando la sussistenza dei presupposti di cui al precedente comma 36, per l’accertamento della stabile convivenza deve farsi riferimento alla dichiarazione anagrafica di cui all’articolo 4 e alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 13 del regolamento di cui al D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223.
Per quanto riguarda la qualificazione di “parte dell’unione civile”, ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016, dovrà farsi riferimento agli atti di unione civile registrati nell’archivio dello stato civile.
Trattandosi in entrambi i casi di dati detenuti da altra pubblica Amministrazione, ai fini della concessione del diritto sarà sufficiente la dichiarazione del richiedente, nella domanda, di essere coniuge/parte di unione civile/convivente di fatto ai sensi del comma 36 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016. Sarà cura dell’operatore di Sede provvedere, secondo le consuete modalità, all’espletamento dei controlli delle dichiarazioni sostitutive di certificazioni.
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