Ancora su vaccini e autismo.

A margine di tale ordinanza, colpisce l'attenzione di chi scrive il fatto, poco scientifico e molto di opinione, secondo cui questa volta il presunto nesso causale sarebbe stato tra il vaccino contro la polio e l'autismo, normalmente posto in presunta correlazione eziologica con il vaccino MPR ( Morbillo Parotite e Rosolia), mettendo in luce una presunta capacità dei vaccini tout court di determinare la medesima, complessa, patologia, dalle cause ancora, in gran parte, sconosciute.

Dopo la sentenza del Tribunale di Salerno, confermata in appello, di rigetto della domanda di indennizzo ex legge 210 del 1992 il tutore del minore Ma. Pe., assumendo che questi aveva contratto "encefalopatia immunomediata ad insorgenza post vaccinica con sindrome autistica" a causa della terapia vaccinale a lui somministrata, si duoleva in cassazione del fatto che il consulente tecnico e la Corte territoriale avessero disconosciuto la sussistenza del nesso causale tra la patologia ascritta a Ma. Pe. e la subita vaccinazione antipolio Sabin. Il CTU ha concluso di trovarsi di fronte ad una patologia, il disturbo generalizzato dello sviluppo, di cui non è tuttora ipotizzabile una correlazione con alcuna causa nota in termini statisticamente accettabili e probanti; ha aggiunto che vi concorre un possibile ruolo di fattori genetici, mentre non sussistono ad oggi studi epidemiologici definitivi che consentano di porre in correlazione la frequenza dell'autismo con quella della vaccinazione antipolio Sabin nella popolazione.
La sentenza di Corte d'appello riporta, altresì, i passaggi argomentativi in cui il c.t.u. ha confutato la letteratura medica a lui fatta pervenire dal consulente di parte, nonché la soluzione da questi prospettata.
La Cassazione sotrolinea che il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell'omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un'inammissibile critica del convincimento del giudice (v. ex plurimis da ultimo Cass. ord. n. 1652 del 2012, Cass. ord. 23/12/2014 n. 27378, Cass. 16/02/2017 n. 4124).
Né le osservazioni riproposte nel ricorso appaiono contenere elementi decisivi al fine confutare la soluzione del c.t.u., che ha argomentato che la scienza medica valorizzata dal c.t.p. non consente, allo stato, di ritenere superata la soglia della mera possibilità teorica della sussistenza di un nesso di causalità.
La Corte territoriale si è quindi attenuta ai principi dettati da questa Corte anche con riguardo alla materia che ci occupa, secondo i quali (v. Cass. 17/01/2005 n. 753, Cass. 19/01/2011 n. 1135, Cass. 29/12/2016 n. 27449, ord.) la prova a carico dell'interessato ha ad oggetto l'effettuazione della somministrazione vaccinale e il verificarsi dei danni alla salute e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica, mentre nel caso il nesso causale costituisce solo un'ipotesi possibile.
Alla luce di ciò, l'ordinanza n. 18358 del 25 luglio 2017, dichiara il ricorso inammissibile in quanto volto ad ottenere un secondo giudizio di merito, non previsto in Cassazione.

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