Sicurezza delle cure e della persona assistita
Il c.d. Disegno di legge Gelli, approvato definitivamente alla Camera e riguardante "Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie" introduce, definitivamente, nel nostro ordinamento il concetto di sicurezza delle cure, considerandolo parte del costituzionale diritto alla salute del paziente e mettendo in campo, tra gli altri, gli strumenti della prevenzione e della gestione del rischio clinico nell'erogazione delle prestazioni e nell'utilizzo delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative.
Tali attività di prevenzione del rischio riguardano tanto le strutture sanitarie pubbliche che quelle private.
Ma che significa veramente "sicurezza delle cure e della persona assistita"?
Dietro la prima percezione di una prestazione di assistenza "sicura" per la cura delle persone, c'è un cambio di mentalità radicale che oggi, in qualche modo, questa legge impone in tutta Italia.
Infatti, non esiste sicurezza delle cure senza l'emersione dei c.d. "eventi avversi" da intendersi come tutta quella serie di casi collegati alla "gestione sanitaria" e non alla malattia (in merito Studio Tartaglia sugli eventi avversi anno 2012, Adverse events and preventable consequences: retrospective study in five large Italian hospitals, da cui emerge che almeno il 56,7% degli eventi potevano essere previsti e prevenuti) che espongono la cura del paziente alla non sicurezza e al rischio.
Prima di questo "sforzo" di emersione del dato, va debellata "una cultura della colpa", che da sempre ha caratterizzato e caratterizza la valutazione dell'agire dell'esercente la professione sanitaria, poiché solo il venir meno della cultura della colpa consente di condurre momenti di audit, finalizzati all'analisi e alla prevenzione dell'errore e quindi alla gestione e prevenzione del rischio, con il fine ultimo di assicurare la sbandierata "sicurezza delle cure e della persona assistita". Sicurezza delle cure e della persona assistita significa, altresì, adottare pratiche derivanti dalle evidenze scientifiche, come l'acquisizione di routine di un sistema di check-list, che riduca al minimo la possibilità dell'errore umano.
La legge prevede che presso ogni regione, senza ulteriori e nuovi oneri e con le risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, sia istituito il Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente (art.2), che raccolga dalle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private i dati regionali sui rischi ed eventi avversi e sul contenzioso e li trasmetta annualmente, mediante procedura telematica unificata a livello nazionale, all’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, anch'esso istituito, senza nuovi e maggiori oneri, con decreto ministeriale entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge presso l''Agenas.(art. 3)
La legge, inoltre, riconosce un nuovo e importante ruolo al Difensore civico regionale o provinciale quale "garante per il diritto alla salute", che può essere adito gratuitamente da ciascun soggetto destinatario di prestazioni sanitarie, direttamente o mediante un proprio delegato, per la segnalazione di disfunzioni del sistema dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria. A seguito della segnalazione, il Difensore civico può intervenire a "tutela del diritto leso con i poteri e le modalità stabiliti dalla legislazione regionale. L'affidamento di tale ruolo al difensore civico è una facoltà e non un obbligo delle Regioni. (art.2)
Pertanto, dalla prima analisi del nuovo testo di legge, si saluta con favore la presa di coscienza nei confronti delle concetto di "sicurezza delle cure e della persona assistita" nonché la volontà di assicurare una Gestione del rischio clinico, ma si teme fortemente che l'assenza di fondi nuovi finalizzati ad avvalersi di risorse qualificate ed esclusivamente dedicate all'interno delle amministrazioni per tale tipo di attività, da realizzarsi senza nuovi e maggiori oneri, finirà per svilire la ratio preventiva e l'efficacia delle disposizioni stesse, a cui fa da premessa un radicale, non facile, cambio di mentalità.
Come operatrice del diritto, si ritiene che questa sia la strada per la prevenzione e per la maggior tutela del diritto alla salute, visto il fallimento dell'accanimento giudiziale sia per la classe medica, ormai "schiava" della medicina difensiva, che per il paziente vittima di errore medico, che attende anni gli esiti di giudizi di risarcimento danni.
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