Post

Visualizzazione dei post da luglio, 2015

Danno da morte del figlio: la relazione affettiva concreta differenzia la misura del risarcimento danni fra il figlio e il feto.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 12717 del 2015 ha rinviato alla Corte d'appello di Roma la sentenza resa nell'ambito di un giudizio di risarcimento danni per figlio nato morto.  La Corte ha ritenuto  fondata la censura relativa alla quantificazione del risarcimento. Sul punto, la sentenza impugnata risultava insufficientemente motivata in quanto non ha adeguatamente spiegato la ragione per cui ha applicato i valori elaborati per la perdita di un figlio all’ipotesi della morte di un feto (pur maturo e prossimo alla nascita) e, per di più, ha dichiarato di dover applicare una ‘maggiorazione’ sulla base di considerazioni (“avendo il caso di specie caratteristiche di speciale odiosità per l’ostinata ed irritante inerzia dei sanitari che è stata la causa di un evento così drammatico”) che finiscono con l’attribuire al risarcimento una funzione ‘punitiva’, che è del tutto estranea al nostro ordinamento. La Corte nel sottolineare che il danno non patrimoniale non può che es...

No all’ottemperanza per le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo!

Il Consiglio di Stato ha ribadito, con sentenza 11 giugno 2015, n. 2866 quanto contenuto nella sentenza del Tar Lazio n. 9564 del 9 settembre 2014, in merito all’inammissibilità dello strumento dell’ottemperanza nei confronti dello Stato Italiano delle sentenze emessa dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Tali pronunce – si legge in sentenza – non sono contemplate tra i titoli per l’esecuzione dei quali può essere proposta, ai sensi dell’art. 112 codice del processo amministrativo, azione di ottemperanza poiché non può dedursi un ampliamento di tale nozione di titolo solo per ragioni storiche e sistematiche, ma soprattutto perché gli strumenti di adeguamento a decisioni dei giudici non nazionali trovano compiuta regolamentazione in altri settori dell’ordinamento, come la legge 31 maggio 1995, n. 218 (normativa cardine del diritto internazionale privato). La sentenza, dopo aver chiarito la posizione del giudizio di ottemperanza rispetto alle sentenze della CEDU, al fine di fugare o...

Responsabilità civile: non basta la stretta di mano!

La sentenza della Cassazione n. 22523 del 23 ottobre 2014, oltre a prendere le mosse da una vicenda singolare, fa il punto sulla necessaria indagine in merito all’elemento soggettivo che deve sussistere nel caso di fatto illecito ex art. 2043 c.c. e che costituisce onere dell’attore dimostrare. La fattispecie riguarda il caso di un’assistente di uno studio odontoiatrico che, durante un intervento di estrazione dentale, riceve dalla paziente una stretta di mano energica a tal punto da determinarne la riduzione della capacità lavorativa fino all’impossibilità totale di svolgere la prestazione lavorativa, con consguente licenziamento. La Cassazione, dopo un giudizio di primo grado che aveva escluso la responsabilità della paziente e uno di appello che l’aveva ammessa, specifica l’inidoneità del fatto storico “stretta di mano” a costituire di per sè fatto illecito, in assenza della dimostrazione dell’intenzionalità a procurare un danno alla persona. L’elemento soggettivo della condotta, mu...