Responsabilità civile: non basta la stretta di mano!
La sentenza della Cassazione n. 22523 del 23 ottobre 2014, oltre a prendere le mosse da una vicenda singolare, fa il punto sulla necessaria indagine in merito all’elemento soggettivo che deve sussistere nel caso di fatto illecito ex art. 2043 c.c. e che costituisce onere dell’attore dimostrare.
La fattispecie riguarda il caso di un’assistente di uno studio odontoiatrico che, durante un intervento di estrazione dentale, riceve dalla paziente una stretta di mano energica a tal punto da determinarne la riduzione della capacità lavorativa fino all’impossibilità totale di svolgere la prestazione lavorativa, con consguente licenziamento.
La Cassazione, dopo un giudizio di primo grado che aveva escluso la responsabilità della paziente e uno di appello che l’aveva ammessa, specifica l’inidoneità del fatto storico “stretta di mano” a costituire di per sè fatto illecito, in assenza della dimostrazione dell’intenzionalità a procurare un danno alla persona.
L’elemento soggettivo della condotta, mutata dalle definizioni di dolo e colpa del codice penale, è parte dell’attività di qualificazione dei fatti costitutivi dell’illecito che l’attore ha l’onere di specificare e dimostrare quali “elementi di diritto” della propria domanda ex art. 164 c.p.c.
La Corte d’appello, ribaltato il giudizio del Tribunale circa la verificazione del fatto storico “stretta di mano” avrebbe dovuto procedere – specifica la Cassazione – al riscontro dei fatti costitutivi della domanda in iure anche per quanto afferisce all’elemento soggettivo dell’illecito ai sensi dell’art. 2043 c.c., indicando gli elementi di fatto emersi dall’istruzione, che giustificassero l’esistenza di una “condotta colpevole” di tale stretta di mano.
In conclusione, non basta l’esistenza di un nesso di causalità materiale tra la condotta e il danno, non essendo sufficiente il mero fatto storico a determinarne l’illecità, ma è necessario, altresì, un comportamento del danneggiante caratterizzato da dolo e colpa perchè la responsabilità sia riconducibile all’art. 2043 c.c.
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