Medico di base: risponde anche la ASL per il fatto illecito causato dal medico Convenzionato.
Interessante pronuncia della Corte di Cassazione che, in ambito di responsabilità per danni, riconosce la responsabilità anche della ASL, in conseguenza della condotta negligente del medico convenzionato. Il medico era stato convenuto in giudizio, insieme alla ASL, perché fosse accertata la sua responsabilità nell'esser intervenuto con estremo ritardo allorché chiamato dalla moglie del paziente, che presentava sintomi di ischemia cerebrale, e nel prescrivere poi cure del tutto inadeguate affinchè fossero condannati entrambi al risarcimento dei danni patiti dai medesimi attori a seguito della paralisi della parte sinistra del corpo della quale era rimasto affetto il paziente, con necessità di assistenza e cure continue, poi deceduto nel corso del giudizio di appello.
La Cassazione, attraverso l’interpretazione specifica ed attenta della legge istitutiva del Sistema Sanitario Nazionale, ribalta l'interpretazione del giudice di appello che, in riforma della sentenza del Tribunale di Torino, escludeva la responsabilità ai sensi dell'art. 1228 cod. civ. della ASL, osservando, che il SSN assume nei confronti dei cittadini obblighi organizzativi, ma non assume "un obbligo diretto avente ad oggetto ilcontenuto della prestazione professionale"; non essendo rinvenibile "la esistenza di un contratto "a monte" fra il paziente e l'ASL", non essendovi alcun contatto, odiretto rapporto, tra la prima ed il secondo, "in quanto le prestazioni professionali cui il paziente ha diritto si esauriscono solo in quelle che dovranno essergli fornite dal suo medico di base"; anche la teoria del "contatto sociale", pur ammettendo l'implicita accettazione del contratto tra struttura ospedaliera paziente, presuppone quanto meno la "conoscenza che la struttura ha del fatto
che il paziente vi viene ricoverato", quale elemento del tutto assente nel rapporto tra ASL e paziente a fronte della richiesta di prestazione al medico di base.
La Corte torinese (richiamando anche Cass. pen., sez. 4, del 16 aprile 2003, n. 34460) escludeva, altresì, che la responsabilità della ASL convenuta potesse fondarsi sull'art. 2049 cod. civ., in assenza della ravvisabilità, di un rapporto di preposizione tra Azienda sanitaria e medico convenzionato, essendo quest'ultimo "un libero professionista del tutto autonomo, scelto dal paziente in piena libertà", sul quale la stessa ASL non esercita alcun potere di vigilanza, controllo o direzione, là dove, poi, lo stesso assetto normativo "non distingue sostanzialmente, con riguardo al rapporto con il paziente, la posizione del medico convenzionato da quella del medico non convenzionato", entrambi godendo "dello stesso tipo di libertà nell'esecuzione" delle loro prestazioni
La Corte d’appello di Torino sottolineava che l'inserimento del medico di base nell'organizzazione territoriale della ASL si esaurisce sul piano organizzativo-amministrativo, ma non tocca "certamente il contenuto squisitamente professionale della prestazione del medico di base", che non viene sindacata dalla stessa ASL, non essendovi
alcuna norma che attribuisce a quest'ultima "un potere di vigilanza e controllo sul contenuto specifico della prestazione professionale medica del medico di base".
La Cassazione invece specifica che nel novero delle prestazioni sanitarie che la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale (L. 23 dicembre 1978, n.833) prevede siano garantite a tutti i cittadini è inclusa l'"assistenza medico-generica", che l'art. 14, comma 3, lett. h), individua come specifico compito in capo alle Unità sanitarie locali.
Pertanto, in forza delle citate disposizioni, le USL "provvedono ad erogare" l'assistenza medico-generica sia in forma domiciliare, che ambulatoriale, assicurando i livelli di prestazioni stabiliti dal piano sanitario nazionale.
Avente diritto all'erogazione della "prestazione curativa" di assistenza medicogenerica,
alla quale è tenuta la USL in base a livelli definiti, è, dunque, il "cittadino", in quanto "utente" del S.S.N. e come tale iscritto "in appositi elenchi periodicamente aggiornati presso l'unità sanitaria locale nel cui territorio" lo stesso ha la residenza (art. 19, comma 3). Ed è proprio tramite detta iscrizione che l'utente esercita il diritto di libera scelta del medico, che è assicurato "nei limiti oggettivi dell'organizzazione sanitaria", cosi godendo
dell'assistenza medico- generica, la quale, per l'appunto, "è prestata dal personale dipendente o convenzionato del servizio sanitario nazionale operante nelle unità sanitarie locali o nel comune di residenza del cittadino".
Dunque, la medesima prestazione curativa è erogata in favore dell'utente o tramite personale dipendente del servizio pubblico, oppure attraverso personale convenzionato con il medesimo servizio.
Sicché. la scelta del "medico di fiducia", ove non si opti per il medico pubblico dipendente operante nella USL dovrà necessariamente cadere sul medico convenzionato operante nel comune di residenza dell'utente del S.S.N., il quale medico, a sua volta, è selezionato "secondo parametri definiti nell'ambito degli accordi regionali”.
La scelta del medico convenzionato per l'assistenza medico-generica avviene, dunque, nei confronti della USL, che cura la tenuta di appositi elenchi in cui sono inseriti i medici con i quali è stato previamente instaurato, con la medesima USL, lo specifico rapporto di convenzionamento.
L'utente, dunque, attiva l'erogazione della prestazione curativa di assistenza medico-generica, cui è tenuta la USL, con la scelta, nei confronti della medesima USL, del sanitario di fiducia, individuato in un determinato contesto territoriale e (ove non pubblico dipendente, se una tale scelta sia resa esercitabile) soltanto tra i medici convenzionati con la USL competente; il medico prescelto è tenuto a prestare l'assistenza medico-generica in quanto convenzionato con la USL e in forza di tale rapporto di convenzionamento. Salvo l'ipotesi della cessazione del rapporto fiduciario nei modi e nei limiti consentiti (dalla stessa USL), il medico convenzionato "è tenuto alla prestazione" ossia non può rifiutare di prestare, in favore dell'utente del S.S.N., l'assistenza medico-generica, in quanto prestazione curativa definita secondo livelli uniformi.
E’ in armonia con tale sistema, che impegna la USL alla erogazione della prestazione curativa di assistenza medicogenerica, l'utente e il prescelto medico convenzionato (in quanto tale) concentrano, quindi, il loro rapporto sul piano dello svolgimento in concreto della "prestazione curativa", che sia riconducibile nell'alveo dell'assistenza medicogenerica.
Prestazione per la quale nessun obbligo remunerativo sussiste in capo all'utente nei confronti del medico "di fiducia"; ed anzi il "pagamento anche parziale da parte dell'assistito delle prestazioni previste in convenzione comporta il venir meno del rapporto con il Servizio sanitario nazionale", costituendo illecito disciplinare tipico che determina, per il medico, la sanzione della cessazione del rapporto di convenzionamento.
Il medico convenzionato è, infatti, remunerato dalla ASL in forza del rapporto di convenzionamento il quale - come affermato dalla costante giurisprudenza di Cassazione dà luogo non già ad un rapporto di lavoro subordinato bensì ad un rapporto di lavoro autonomo "parasubordinato" trattandosi, dunque, di un rapporto professionale che si svolge, di norma, su un piano di parità, sebbene sia comunque costituito "in vista dello scopo di soddisfare le finalità istituzionali del servizio sanitario nazionale, dirette a tutelare la salute pubblica" (così, tra le tante, Cass., 13 aprile 2011, n. 8457).
Il rapporto di convenzionamento, infatti, si distingue nettamente da quello della "libera professione" che il medico di medicina generale può svolgere in favore di chiunque, ma al di fuori della prestazione curativa di assistenza medicogenerica, senza, peraltro, recare "pregiudizio al corretto e puntuale svolgimento degli obblighi del medico, nello studio medico e al domicilio del paziente", che detto rapporto di convenzionamento impone.
Si viene, dunque, a configurare a carico della ASL una obbligazione ex lege di prestare l'assistenza medicogenerica all'utente del S.S.N., che viene adempiuta attraverso (secondo l'ipotesi che specificamente qui interessa) l'opera del medico convenzionato.
Sebbene non derivante da "contratto" (nè, ovviamente, da fatto illecito), la sua fonte è comunque da ricomprendersi tra quelle contemplate dall'art. 1173 cod. civ. (ossia, in "atto e fatto idoneo a produrle") e la relativa disciplina è quella, se non altrimenti specificamente derogata, di cui al titolo 1 del libro quarto del codice civile e cioè dettata dagli artt. 1173 e
ss. cod. civ.. Si tratta, dunque, di obbligazione qaoad effectum contrattuale, per cui, segnatamente nella sua fase patologica, vengono in rilievo le disposizioni di cui agli artt. 1218 c.c. e ss..
Posto che l'assistenza medico-generica si configura - nei limiti in cui la legge ne assicura l'erogazione - come diritto soggettivo pieno ed incondizionato dell'utente del S.S.N., questi è "creditore" nei confronti della ASL, che, in quanto soggetto pubblico ex lege tenuto ad erogare detta prestazione curativa (per conto del S.S.N.), assume la veste di "debitore".
Si legge ancora in sentenza: perchè possa operare l'art. 1228 cod. civ. non è affatto dirimente la natura del rapporto che lega il debitore all'ausiliario, ma trova fondamentale importanza la circostanza che il debitore in ogni caso si avvalga dell'opera del terzo nell'attuazione della sua obbligazione, ponendo tale opera a disposizione del creditore, sicchè la stessa risulti cosi inserita nel procedimento esecutivo del rapporto obbligatorio (Cass., 26 maggio 2011, n. 11590).
La responsabilità di chi si avvale dell'esplicazione dell'attività del terzo per l'adempimento della propria obbligazione contrattuale trova allora radice non già in una colpa in eligendo degli ausiliari o in vigilando circa il loro operato, bensì nel rischio connaturato all'utilizzazione dei terzi nell'adempimento dell'obbligazione: "sul principio cuius commoda, cuius et incommoda, o, più precisamente, dell'appropriazione o "avvalimento" dell'attività altrui per l'adempimento della propria obbligazione, comportante l'assunzione del rischio per i danni che al creditore ne derivino" (così Cass., 6 giugno 2014, n. 12833).
A conclusione di tale lungo ed articolato ragionamento, la Corte di Cassazione enuncia il seguente principio di diritto: "L'ASL è responsabile civilmente, ai sensi dell'art. 1228 cod. civ., del fatto illecito che il medico, con essa convenzionato per l'assistenza medico-generica, abbia commesso in esecuzione della prestazione curativa, ove resa nei limiti in cui la stessa è assicurata e garantita dal S.S.N. in base ai livelli stabiliti
secondo la legge".
Commenti
Posta un commento