La dichiarazione di interruzione della causa per morte della parte: responsabilità del procuratore costituito per omessa dichiarazione?
La morte di un parte determina il fenomeno dell’interruzione del giudizio, consistente nell’arresto dell’iter processuale a causa di un determinato evento.Nel caso in cui si verifichi la morte della parte, un evento interrompe, di fatto, l’effettività del contraddittorio all’interno del giudizio di merito.La funzione dell’istituto dell’interruzione è quella di evitare che la cessazione o l’alterazione di questa effettività ostacoli la concreta possibilità di una delle parti di agire nel processo a proprio favore e di svolgere, volendo, attività difensiva. Per evitare questo turbamento dell’uguaglianza delle possibilità difensive delle parti a tutto danno della parte che subisce l’evento o dei suoi successori, la legge blocca il processo, congelandolo in una totale stasi destinata a durare fino a quando non sia ristabilita l’effettività del contraddittorio e non oltre tre mesi, il cui eventuale decorso senza la restaurazione del contraddittorio darebbe luogo ad estinzione.La morte della parte dà luogo al sub ingresso del successore nelle situazioni giuridiche processuali del defunto: la legge non ha prefigurato un automatico inserimento del successore nel processo poiché lo stesso avrebbe pregiudicato il successore stesso.L’assenza di un meccanismo automatico di sub ingresso è confermato anche dal tenore dell’art.110 c.p.c., il quale specifica che, quando la parte viene meno per morte o per altra causa, il processo è proseguito dal successore universale o in suo confronto, così specificano un’autonoma iniziativa atta a realizzare concretamente il sub ingresso dal successore o nei confronti dello stesso. Saranno infatti, la riassunzione, se compiuta dall’altra parte nei confronti del successore, o la spontanea costituzione del successore stesso a porre fine all’interruzione, se compiuta entro un termine perentorio di tre mesi, pena l’estinzione del giudizio.Se la morte avviene successivamente alla costituzione in giudizio, è presente un procuratore costituito il quale da un lato conosce la situazione del processo e dall’altro è in grado di prendere contatto con le persone alle quali spetta di proseguire il processo stesso.La legge, facendo leva sul senso di responsabilità del procuratore costituito, condiziona l’interruzione al fatto che il procuratore dichiari in udienza l’evento interruttivo o lo notifichi alle parti ai sensi dell’art. 300 c.p.c. Da tale momento, il processo è interrotto, salvo che avvenga la costituzione volontaria dei successori o la citazione in riassunzione da parte della controparte a norma dell’articolo 299 c.p.c.
Il combinato disposto degli artt. 299 e 300 c.p.c. implica che se il procuratore non compie la dichiarazione dell’evento, così evitando l’interruzione del processo, lo stesso prosegue nei confronti della parte che ha subito l’evento, fosse anche defunta, mentre il procuratore assume su di sé la responsabilità, solo sul piano sostanziale e rispetto ai successori, conseguente alla mancata interruzione, nell’ipotesi che tale comportamento non sia concordato con coloro ai quali spetta proseguire il giudizio.
In proposito, c’è chi ha parlato di un vero e proprio dovere di compiere tale dichiarazione (C. Punzi, L’interruzione del processo, Milano 1963, p. 169).
In realtà il difensore sembra usufruire di un potere discrezionale al riguardo: potere che eserciterà assumendosi la responsabilità in ordine alle relative conseguenze. La dichiarazione di morte della parte, secondo la Cassazione (n. 5391 del 1990) ha carattere “indispensabile” ed “insostituibile”.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n.1228 del 1984 hanno precisato che l'incidenza dell'evento morte di una parte costituita con procuratore, verificatosi durante il giudizio di primo grado o d'impugnazione è regolata dall'art. 300 cod. proc. civ. e, pertanto, essendo indispensabile e insostituibile ai fini di tale incidenza la comunicazione formale dell'evento da eseguirsi dal procuratore della parte deceduta e non avendo rilevanza la conoscenza che dell'evento stesso le altre parti abbiano avuto eventualmente "aliunde", l'effetto interruttivo del processo è prodotto da una fattispecie complessa, costituita dal verificarsi dell'evento o dalla dichiarazione in udienza o dalla notificazione fatta dal procuratore alle altre parti.
Dichiarazione o notificazione che soltanto il procuratore della parte defunta può discrezionalmente non fare o fare nel momento da lui giudicato più opportuno per provocare l'interruzione del processo, la quale non si verifica in modo automatico come conseguenza diretta ed esclusiva della morte della parte a cui, quindi, deve essere notificato l'atto d'impugnazione, perché considerata ancora in vita nel caso in cui della propria morte il suo procuratore abbia omesso la dichiarazione in udienza o la notificazione alle altre parti
Non sembra sussistere una specifica responsabilità o onere in capo al difensore per la mancata comunicazione della morte della parte ex art. 300 c.p.c., ma trattandosi di un atto del procuratore quale "dominus litis" (Cass. n. 2599 del 22 febbraio 2001), esso postula una valutazione, riferita all'oggetto della causa, all'opportunità, nell'interesse delle parti stesse o dei suoi eredi, in caso di morte o di perdita di capacità della parte, di comunicare o notificare l'evento interruttivo alle altre parti.
Quindi, quantomeno il difensore, che volontariamente decide di non dichiarare la morte, con conseguente interruzione del processo, anche laddove potrebbe essere “opportuna” per il giudizio in corso, potrebbe anche essere chiamato a specificare i motivi della mancata dichiarazione soprattutto se le eventuali successive scelte processuali possano non essere condivise dai successori del de cuius e creare eventuali danni alle stesse.
Il combinato disposto degli artt. 299 e 300 c.p.c. implica che se il procuratore non compie la dichiarazione dell’evento, così evitando l’interruzione del processo, lo stesso prosegue nei confronti della parte che ha subito l’evento, fosse anche defunta, mentre il procuratore assume su di sé la responsabilità, solo sul piano sostanziale e rispetto ai successori, conseguente alla mancata interruzione, nell’ipotesi che tale comportamento non sia concordato con coloro ai quali spetta proseguire il giudizio.
In proposito, c’è chi ha parlato di un vero e proprio dovere di compiere tale dichiarazione (C. Punzi, L’interruzione del processo, Milano 1963, p. 169).
In realtà il difensore sembra usufruire di un potere discrezionale al riguardo: potere che eserciterà assumendosi la responsabilità in ordine alle relative conseguenze. La dichiarazione di morte della parte, secondo la Cassazione (n. 5391 del 1990) ha carattere “indispensabile” ed “insostituibile”.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n.1228 del 1984 hanno precisato che l'incidenza dell'evento morte di una parte costituita con procuratore, verificatosi durante il giudizio di primo grado o d'impugnazione è regolata dall'art. 300 cod. proc. civ. e, pertanto, essendo indispensabile e insostituibile ai fini di tale incidenza la comunicazione formale dell'evento da eseguirsi dal procuratore della parte deceduta e non avendo rilevanza la conoscenza che dell'evento stesso le altre parti abbiano avuto eventualmente "aliunde", l'effetto interruttivo del processo è prodotto da una fattispecie complessa, costituita dal verificarsi dell'evento o dalla dichiarazione in udienza o dalla notificazione fatta dal procuratore alle altre parti.
Dichiarazione o notificazione che soltanto il procuratore della parte defunta può discrezionalmente non fare o fare nel momento da lui giudicato più opportuno per provocare l'interruzione del processo, la quale non si verifica in modo automatico come conseguenza diretta ed esclusiva della morte della parte a cui, quindi, deve essere notificato l'atto d'impugnazione, perché considerata ancora in vita nel caso in cui della propria morte il suo procuratore abbia omesso la dichiarazione in udienza o la notificazione alle altre parti
Non sembra sussistere una specifica responsabilità o onere in capo al difensore per la mancata comunicazione della morte della parte ex art. 300 c.p.c., ma trattandosi di un atto del procuratore quale "dominus litis" (Cass. n. 2599 del 22 febbraio 2001), esso postula una valutazione, riferita all'oggetto della causa, all'opportunità, nell'interesse delle parti stesse o dei suoi eredi, in caso di morte o di perdita di capacità della parte, di comunicare o notificare l'evento interruttivo alle altre parti.
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