La certificazione medica tra accertamento dei fatti e diagnosi. Recentissima Cassazione 2023.
I certificati medici rilasciati da pubblici ufficiali fanno fede, fino a querela di falso, limitatamente ai fatti che il sanitario rogante attesta essere avvenuti alla sua presenza o essere stati da lui compiuti, mentre, per quanto riguarda la diagnosi, essi costituiscono elementi di convincimento liberamente apprezzabili dal giudice del merito, il quale può accogliere o rigettare un'istanza di ammissione di consulenza tecnica d'ufficio sulle valutazioni mediche, senza che il relativo provvedimento possa essere censurato in sede di legittimità.
Nella caso di specie, la Suprema Corte, con la recentissima ordinanza n. 8536 del 24 marzo 2023, ha confermato la decisione della Corte territoriale che, nel rigettare la domanda proposta da un assicurato nei confronti della propria compagnia di assicurazione contro i rischi derivanti da malattia, aveva affermato che i certificati medici prodotti da parte attrice erano privi delle indagini diagnostiche e della documentazione clinica necessaria a provare l'esistenza della malattia e che non poteva essere disposta una c.t.u., in quanto il consulente non avrebbe potuto acquisire altri documenti rispetto a quelli ritualmente prodotti.
La Corte d'appello aggiunse che i certificati rilasciati da medici liberi professionisti prodotti dall'attrice avevano un valore meramente indiziario; che in ogni caso i suddetti certificati erano privi delle indagini diagnostiche di corredo e della documentazione clinica posta a fondamento di essi; che nella suddetta situazione non poteva essere disposta una consulenza tecnica d'ufficio, dal momento che il consulente non avrebbe potuto acquisire altri documenti che quelli ritualmente prodotti, i quali come detto non consentivano alcun attendibile giudizio.
La Corte d'appello, infatti, ha ritenuto che uno dei certificati rilasciato prodotti non fosse idoneo a dare la prova dei fatti costitutivi della domanda in quanto privo "dei documenti che avrebbero dovuto essere ad esso allegati" stante il disposto previsto dal contratto di assicurazione e che in mancanza di tali documenti la Corte d'appello non poteva "verificare la correttezza della diagnosi formulata dai sanitari e dei giudizi dai medesimi espressi riguardo al grado di invalidità permanente residuato all'assicurato".
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