IMU: secondo la Corte Costituzionale i coniugi e gli uniti civilmente hanno diritto alla doppia esenzione a patto di avere residenza e dimora abituale in due immobili distinti
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 209 del 13 ottobre 2022, in tema di agevolazioni sull’imposta municipale propria (IMU) prima casa ha riscritto la definizione di abitazione principale, definendola il luogo dove il soggetto passivo ha la residenza anagrafica e la dimora abituale, a nulla rilevando il luogo di residenza e dimora degli altri membri della famiglia.
La disamina effettutata dalla Corte Costituzionale appare assolutamente attuale e aggiornata.
Infatti, la Corte ritiene fondate le questioni di legittimità costituzionale della normativa IMU in relazione agli art. 3, 31 e 53 Cost.
In particolare, in relazione all'art. 3 Cost. la Corte ci dice che in un contesto come quello attuale, caratterizzato dall’aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall’evoluzione dei costumi, è sempre meno rara l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell’ambito di una comunione materiale e spirituale.
In tal caso, ai fini del riconoscimento dell’esenzione dell’abitazione principale, non ritenere sufficiente la residenza e – si noti bene – la dimora abituale in un determinato immobile (cioè un dato facilmente accertabile attraverso i dovuti controlli) determina una evidente discriminazione rispetto a chi, in quanto singolo o convivente di fatto, si vede riconosciuto il suddetto beneficio al semplice sussistere del doppio contestuale requisito della residenza e della dimora abituale nell’immobile di cui sia possessore.
Non vi è ragionevole motivo per discriminare tali situazioni: non può, infatti, essere evocato l’obbligo di coabitazione stabilito per i coniugi dall’art. 143 del codice civile, dal momento che una determinazione consensuale o una giusta causa non impediscono loro, indiscussa l’affectio coniugalis, di stabilire residenze disgiunte (ex plurimis, Corte di cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 28 gennaio 2021, n. 1785). Né a tale possibilità si oppongono le norme sulla “residenza familiare” dei coniugi (art. 144 cod. civ.) o “comune” degli uniti civilmente (art. 1, comma 12, della legge 20 maggio 2016, n. 76, recante «Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze»).
In relazione all'art. 31 Cost., la Corte, premesso che il sistema fiscale italiano si dimostra avaro nel sostegno alle famiglie, nonostante la generosità con cui la Costituzione italiana ne riconosce il valore, come leva in grado di accompagnare lo sviluppo sociale, economico e civile, dedicando ben tre disposizioni a tutela della famiglia, l'art. 31 Cost. sarebbe violato da parte della norma censurata in quanto ricollega l’abitazione principale alla contestuale residenza anagrafica e dimora abituale del possessore e del nucleo familiare, secondo una logica che ha condotto il diritto vivente a riconoscere il diritto all’esenzione IMU (o alla doppia esenzione) solo in caso di «frattura del rapporto di convivenza tra i coniugi» e conseguente «disgregazione del nucleo familiare».
Infine, la norma censura appare posta in violazione anche dell’art. 53 Cost., in quanto, avendo come presupposto il possesso, la proprietà o la titolarità di altro diritto reale in relazione a beni immobili, l’IMU riveste la natura di imposta reale e non ricade nell’ambito delle imposte di tipo personale, quali quelle sul reddito.
Appare, pertanto, con ciò coerente il fatto che nella sua articolazione normativa rilevino elementi come la natura, la destinazione o lo stato dell’immobile, ma non le relazioni del soggetto con il nucleo familiare e, dunque, lo status personale del contribuente.
Ciò salvo, in via di eccezione, una ragionevole giustificazione, che nel caso però non sussiste: qualora, infatti, l’organizzazione della convivenza imponga ai coniugi o ai componenti di una unione civile l’effettiva dimora abituale e residenza anagrafica in due immobili distinti, viene ovviamente meno la maggiore economia di scala che la residenza comune potrebbe determinare, ovvero la convivenza in un unico immobile, fattispecie che per tabulas nel caso in considerazione non si verifica.
Sotto tale profilo, le ragioni che spingono ad accogliere la censura formulata in relazione all’art. 53 Cost. rafforzano l’illegittimità costituzionale in riferimento anche all’art. 3 Cost.; infatti «ogni diversificazione del regime tributario, per aree economiche o per tipologia di contribuenti, deve essere supportata da adeguate giustificazioni, in assenza delle quali la differenziazione degenera in arbitraria discriminazione» (sentenza n. 10 del 2015).
Di conseguenza è illegittimo il divieto posto ai fini dell’esenzione dall’IMU
per l’abitazione adibita a dimora principale in caso di rapporto di coniugio o unione civile, dovendo essere riconosciuta anche nelle ipotesi di
scissione del nucleo familiare, sia all’interno dello stesso territorio
comunale, sia in Comuni diversi, nonostante il rapporto di coniugio o di unione civile.
Si stanno già adeguando le Corte di Giustizia Tributaria, come nel caso della sentenza 655 del 3 novembre 2022 della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Regione Abruzzo, secondo la quale, dopo tale fondamentale pronuncia della
Consulta risulta non più invocabile, a giustificazione dell’esclusione
del beneficio fiscale in esame, l’obbligo di coabitazione stabilito per i
coniugi dall’art. 143 del codice civile, dal momento che una
determinazione consensuale o una giusta causa non impediscono loro di
stabilire residenze disgiunte. Nel caso di specie è, dunque, legittima
la doppia esenzione a vantaggio sia del coniuge residente nel comune
parte in causa, che del coniuge residente in altro comune per motivi di
lavoro.

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