Soccorso istruttorio e soccorso procedimentale nelle gare di appalto: il Consiglio di Stato chiarisce i limiti.


  

    Il Consiglio di Stato, con la recentissima sentenza n. 290 del 2023, traccia una linea di distinzione tra il soccorso istruttorio e il soccorso procedimentale in tema di gare di appalto, specificandone ambiti di operatività e finalità.

    Il soccorso istruttorio ha la finalità di consentire l'integrazione della documentazione già prodotta in gara, ma ritenuta dalla stazione appaltante incompleta o irregolare sotto un profilo formale, limitata e strettamente disciplinata dall' art. 83 comma 9 del D.Lgs. n. 50/2016, nel quale si legge che il soccorso istruttorio è consentito per porre rimedio alle carenze e irregolarità delle dichiarazioni e dei documenti dei concorrenti "… con esclusione di quelle afferenti all'offerta economica e all'offerta tecnica …"

    Mentre, invece, il rimedio del soccorso procedimentale consiste nella possibilità di richiedere al concorrente di fornire chiarimenti volti a consentire l'interpretazione della sua offerta e a ricercare l'effettiva volontà dell'offerente, superando le eventuali ambiguità dell'offerta, ciò fermo il divieto di integrazione dell'offerta, senza attingere a fonti di conoscenza estranee alla stessa e a condizione di giungere a esiti certi circa la portata dell'impegno negoziale con essa assunta. 

    Infatti, tale interpretazione di chiarimento della volontà negoziale dalla stessa offerta e non ab externo o tramite la produzione di nuovi documenti, si pone in linea con quanto previsto dalla Corte di Giustizia UE che, in tema di soccorso istruttorio in caso di carenze dell’offerta tecnica, ha ritenuto (nella sentenza della Corte Giustizia UE sez. VIII, 10 maggio 2017, nella causa C-131/16 Archus) che una richiesta di chiarimenti non può ovviare alla mancanza di un documento o di un’informazione la cui comunicazione era richiesta dai documenti dell’appalto, se non nel caso in cui essi siano indispensabili per chiarimento dell’offerta o rettifica di un errore manifesto dell’offerta e sempre che non comportino modifiche tali da costituire, in realtà, una nuova offerta.

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