Incarichi extra istituzionali non autorizzati del dipendente pubblico: il Tribunale di Roma sul giudizio già esperito davanti alla Corte dei Conti
Con la sentenza n. 12797 del
31 agosto 2022 ottenuta da questo studio nell'ambito di un giudizio di
opposizione ad ordinanza ingiunzione emessa ex R.D. 639/2010 emessa dal
Ministero nei confronti di un dipendente per il recupero delle somme relative
ad incarichi extraistituzionali non autorizzati, il Tribunale di Roma si è
pronunciato in assoluta coerenza con il recente orientamento della Corte di
Cassazione.
Secondo la Suprema Corte infatti, come ribadito e richiamato nell’ordinanza
delle Sezioni Unite n. 17124 del 26 giugno 2019, la quale, per prima,
esplicita l’interpretazione meramente confermativa e non novativa dell’introdotto
comma 7-bis, ha ritenuto che la disposizione di cui al comma 7 bis dell'art.53
ult. cit., laddove ha previsto la giurisdizione del giudice contabile per
l'omesso versamento dei compensi indebitamente percepiti dal dipendente nello
svolgimento di un incarico non autorizzato, non ha portata innovativa, di guisa
che la domanda rimane attratta alla giurisdizione del giudice contabile, anche
se la percezione dei compensi si è avuta in epoca precedente all'introduzione
del comma 7 bis del medesimo art. 53.
Ciò perché si verte in ipotesi di responsabilità erariale, che il
legislatore ha tipizzato non solo nella condotta, ma annettendo, altresì,
valenza sanzionatoria alla predeterminazione legale del danno, attraverso la
quale si è inteso tutelare la compatibilità dell'incarico extraistituzionale in
termini di conflitto di interesse e il proficuo svolgimento di quello
principale in termini di adeguata destinazione di energie lavorative verso il
rapporto pubblico, quali profili non sovrapponibili, ma strumentali rispetto al
corretto adempimento del rapporto di lavoro/servizio con l'amministrazione
Nella medesima circostanza si è poi ulteriormente chiarito che l'alternatività
fra l'azione del Procuratore contabile e quella dell'amministrazione tesa ad
ottenere la restituzione delle somme percette in assenza di valida
autorizzazione ha come conseguenza che, in caso di inerzia dell'Amministrazione
al fine di ottenere il riversamento nel proprio bilancio, l'azione intentata
dal Procuratore contabile, in ragione della responsabilità erariale di cui alla
tipizzata fattispecie legale d.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 53, commi 7 e 7
bis, determina l'impossibilità da parte della medesima Amministrazione di
promuovere azione per ottenere detto riversamento, con conseguente
sterilizzazione della possibilità di un conflitto di giudicati.
Tale orientamento è stato ribadito da ulteriori e più recenti
Ordinanze delle SS.UU. della Cassazione nn. 415/2020 e 14237/2020.
Pertanto, sulla scorta di tale assunto, anche con riferimento ad un precedente
dello stesso tribunale di Roma di qualche mese prima, ha, dunque, escluso il
diritto dell'amministrazione di procedere all'azione di recupero, essendo già
stata esperita nei confronti del dipendente, infruttuosamente (con archiviazione
per decorso del termine di prescrizione), l'azione innanzi alla Corte dei
Conti.
Un'"alternatività giurisdizionale", dunque, fra giudice ordinario e
giudice contabile sulla scorta dell'interpretazione della Suprema Corte secondo
la quale l'introduzione del comma 7-bis dell'art. 53 del d.lgs. 165 del 2001
non ha portata innovativa, con la conseguenza che il giudice adito per primo
mantiene la giurisdizione di merito, mentre il doppio giudizio costituisce un
doppio giudicato su fattispecie analoga, in quanto tale, inammissibile.
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